Analfabetismo di ritorno, funzionale e digitale. Cosa sono?

analfabetismo

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Vi sarà capitato sicuramente di leggere in rete o di sentir parlare del concetto di “Analfabetismo di ritorno”. Io personalmente ho letto qualche settimana fa che il 51% dei giovani sarebbe un analfabeta funzionale. Poi che ben il 28% della popolazione lo sarebbe. È vero? Sono davvero queste le percentuali? In questo articolo faremo finalmente chiarezza su tanta, tanta, disinformazione.

 Sfatiamo un po’ di miti

In merito all’analfabetismo di ritorno, sono girate tante percentuali e definizioni strambe. Quella molto fantasiosa del 51% dei giovani tra 15 e 18 anni e quella del 28% della popolazione tra i 15 e i 65 anni. In altre percentuali, si parla del 100% di analfabetismo di ritorno, ovvero che tutti in un modo o nell’altro ne siamo soggetti. Sfatiamo insieme un po’ di miti, andiamo per punti per aiutare anche gli analfabeti funzionali che a quanto pare sono tanti, a capire bene.

1. Quanti sono, in Italia, gli analfabeti funzionali?

Il 28% della popolazione tra i 16 e i 65 anni, anche se sono difficili da catalogare in quanto sono presenti diverse sfaccettature. Per la precisione, secondo dati ufficiali di una indagine Piaac-Ocse del 2019, circa il 5% della popolazione riesce ad estrapolare solo informazioni elementari, da testi corti e semplici. Il 20% informazioni meno elementari purché il testo non sia troppo lungo.

Questo significa che solo il 5% è in una posizione per così dire, “estrema”, il 20% è in grado di vivere decentemente purché il testo che legge lo permetta. Non sarebbe mai in grado di comprendere un testo universitario, per intenderci. Inoltre il 100% dei positivi all’analfabetismo di ritorno è un’idea molto fantasiosa. Lo stesso concetto, però, è difficile da quantificare. Ce ne occuperemo a fine articolo.

Tornando a noi, quando si guarda un telegiornale o si legge un articolo di giornale, generalmente tutto è orientato a essere comprensibile per il 95% della popolazione, con termini popolari, semplici e diretti. 

2. Cos’è l’analfabetismo funzionale?

 Non indica l’incapacità di leggere e scrivere, che è mero analfabetismo, ma riguarda esclusivamente la comprensione del testo scritto, di estrapolarne il senso e ricavarne informazioni utili. Si rivela essere molto collegato all’analfabetismo di ritorno ma, anche se non voglio indagare sulle cause (non essendo una malattia, non sarebbe il termine esatto), c’è da dire che secondo altre ricerche, l’intelligenza media a partire dal 2000 sta calando, il che coincide con la diffusione sempre più netta di tecnologie “user friendly”. C è sempre meno interesse per la lettura, un atteggiamento distratto e in linea di massima sempre meno motivazione a comprendere testo, anche grazie appunto alla facilitazione che, apparentemente, internet da per quanto riguarda l’accesso ai dati, con articoli suggeriti dal feed e homepage personalizzate dei social.

In sintesi: un analfabeta funzionale comprende nulla, pochissimo o solo le basi di un testo, purché sia corto e semplice. Non sa estrapolare da esso dati e significati complessi. Non saprebbe, per esempio, rielaborarlo in maniera efficiente per realizzare una sua tesi, fare una ricerca, approfondire o anche semplicemente discuterne con un’altra persona riportando le informazioni che ha compreso. Quando poi si parla di informazione, tutto si fa più complesso, ma ne parleremo dopo.

3. È possibile curare questo disturbo?

L’analfabetismo funzionale, come anche l’analfabetismo di ritorno, non è un disturbo, né una malattia. Non è collegato ad un ritardo delle funzioni cognitive, o a psicopatologie di alcun genere. Al massimo può essere legato ad una bassa scolarizzazione, a poca propensione alla lettura, e ancora una volta a disinteresse generale.

È come l’inglese: più lo leggi, più te ne interessi, più lo capisci. Se guardi solo serie tv in inglese, per 8 ore al giorno, dopo un mese comprenderai le basi della lingua anche senza i sottotitoli, e anche senza aver fatto degli studi specifici. E sarai in grado anche di spiccicare qualche parola. Qualora il tuo interesse nell’inglese proseguisse, con corsi e continuando a coltivare la passione, diventerà presto per te come una seconda lingua.

Se leggi molto, se ti interessi di quello che stai leggendo, hai una istruzione decente e tieni la mente sempre allenata, potrai accrescere le tue capacità, superare questo tipo di analfabetismo e uscire da questo famigerato 28%. Nel caso voi non siate in questa percentuale, ma siate comunque disinteressati, può capitare addirittura di retrocedere e “finirci”. Disinteresse che può sfociare anche in analfabetismo di ritorno, concetto che affronteremo in seguito.

4. Il 51% dei 15enni è un analfabeta funzionale?

No. Ci troviamo (come per il 28% di prima) in una errata interpretazione dei dati effettivi. La percentuale è stata diffusa sui social in modo grossolano e riportata in modo falso e superficiale, da vari blog, testate e giornali non affidabili. L’osservazione riguardava in realtà la preparazione generale degli studenti, con percentuali che arrivavano fino al 40% per le materie scientifiche (e solo quelle), ben lontane dal fatidico 51% di tutti i quindicenni. E non si parlava neanche direttamente di analfabetismo funzionale.

Questo punto 4 ci apre, come promesso, all’analfabetismo informatico e digitale. Che non sono la stessa cosa.

Cos’è un analfabeta digitale e cos’è un analfabeta informatico?

Per “informatico” si intende semplicemente il non saper usare il pc, la classica frase: “io il pc non lo so neanche accendere”, a quello funzionale, il classico genitore anziano che sapeva solo aprirci il solitario (prima del cellulare), quello “digitale” riguarda l’uso che si fa o che si sa fare di determinati strumenti informatici, che oggi sono soprattutto cellulari e tablet. E spesso sono strettamente legati all’informazione, dove tra fake news, la disinformazione, la condivisione di informazioni false in tutto o in parte si apre un argomento troppo ampio, da approfondire in altra sede.

C’è chi sa usare il digitale solo per pubblicare sui social e leggere notizie, ma non riesce neanche a creare una mail o recuperare la password di un servizio. Questo rende l’utilizzo di sistemi appartenemente semplici molto difficile, se non impossibile, a chi non è analfetizzato digitalmente. Anche qui non si tratta di un disturbo, ma le cause sono diverse. Vediamone alcune.

La tecnofobia

Il rifiuto parziale o totale per le nuove tecnologie da parte di persone che prima non le utilizzavano. Successe anche negli anni 50 con chi passava dalla radio alla tv e i “nonni” della situazione che tali tecnologie non le accettavano. O, più recentemente, con chi negli anni 90 voleva studiare informatica con genitori che pensavano fosse una perdita di tempo. I nativi digitali, hanno relativamente pochi problemi e hanno pochissime possibilità di finire nella categoria degli “analfabeti digitali”.

Un mondo troppo veloce?

La difficoltà di star dietro alle nuove tecnologie, se un quindicenne nel 2002 sapeva tutto del cellulare, del computer e di internet, la stessa persona a 35 anni nel 2022 si trova dietro una miriade di tecnologie sempre nuove e sempre pronte a mandare in pensione la precedente. Basti pensare a Skype che oggi è stato sostituito da Meet, Zoom e Teams. Quindi, chi l’ha utilizzato fino al 2015, se non si è aggiornato a nuovi programmi, nel momento in cui è partita la didattica a distanza e il boom dei corsi online, se non ha aggiornato le proprie competenze sull’utilizzo degli applicativi di videoconferenze, resta totalemnte fuori dall’utilizzo degli stessi, o comunque avrebbe molta difficoltà.

Analfabetismo di ritorno e disinteresse

Oggi tutti vogliamo andare subito al punto, vogliamo trovare immediatamente l’informazione che ci serve, la notizia che cerchiamo, e i vari servizi si adattano a questo. La persona non è per nulla interessata ad essere digitalizzata ma solo ad utilizzare la tecnologia nel più breve tempo possibile e solo per ciò che le interessa. sarebbe come se la macchina si guidasse da sola: non saremmo interessati a prendere la patente ma nel momento in cui avremmo bisogno di guidarla manualmente non saremmo in grado.

Tecnologie user-friendly

Eccessiva semplificazione, tecnologie user friendly. Portando l’esempio di dos e Windows, per utilizzare un pc col dos, la classica schermata dove scrivere, bisognava avere delle competenze minime informatiche, altrimenti si procuravanno addirittura danni alla macchina con conseguente perdita dei dati. Con Windows 95, il sistema operativo user friendly per eccellenza, chi non aveva una analfabetizzazione informatica e digiale minima, poteva solo accenderlo ed aprire il solitario. Già utilizzare un browser web era una operazione avanzata.

Il tempo

Poco tempo e tecnologie che si adattano a questo. L’utente ha sempre meno tempo, sempre più cose da ricercare, e le tecnologie si adattano di conseguenza. Un articolo per cercare di tenerci il più possibile sulla propria pagina, è sempre più sensazionalista. Il sito di un operatore telefonico, sapendo che la maggior parte delle persone è poca avvezza alla tecnologia, diventa sempre più semplice ed immediato, con la chat ad esempio che risponde in automatico alle richieste. E la nostra predisposizione ad apprendere cosa c’è dietro, si fa sempre più sottile.

Cos’è dunque l’analfabetismo di ritorno?

L’analfabetismo di ritorno colpisce quell’individuo che ha appreso correttamente le nozioni di base che servono per comprendere ed interpretare un testo, ha seguito un percorso scolastico adeguato, ma tutte le competenze acquisite vengono perse nel tempo a causa del mancato utilizzo.

E tu che ne pensi? Ti ci rivedi in queste definizioni? Raccontami la tua esperienza tu.