WILLY WONKA NELLE FOGNE – RECENSIONE DI “IT”

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“Ho visto Willy Wonka nelle fogne!”
è una frase che dice già tutto, degna di un esperto di cinema di livello mondiale, una recensione non servirebbe.
Ma il copyright è di mio cugino piccolo che lo ha esclamato con enfasi tornando dal cinema.

A pensarci bene, però, un po’ gli somiglia: questo nuovo IT di Muschietti ha qualcosa che ricorda vagamente l’aura di un Johnny Depp compiaciuto nel ruolo dell’eroe inquietantemente strafigo.

A parte mio cugino che vede Baci Perugina nei tombini, ho sentito di gente spaventata, amici in preda al panico notturno. Tachicardia e disturbi gastrici. Le persone mi raccontavano scenari raccapriccianti.
Ma come al solito non hanno capito niente.

Sono andato al cinema e onestamente non ho avuto paura per niente. Anzi, ho sorriso più di una volta. Forse lo scopo della pellicola di Muschietti non era quello di terrorizzare lo spettatore, o almeno non solo.
Aspettarsi da questo prodotto cinematrografico una completa adesione al libro (a proposito, lo avete letto?), una copia sputata dell’opera di King era un po’ da pazzi e, diciamolo, anche privo di senso alcuno: il film è ricamato intorno ai temi principali della storia, senza alterarne il senso profondo, ma il lavoro è tutto nuovo. E tutto bello, oserei dire.
Effetti speciali accattivanti e molto piacevoli da vedere.
La storia si svolge alle fine degli anni ottanta, a differenza del romanzo di Stephen King, ma insomma, la pre-adolescenza e l’adolescenza sono sempre le stesse. Cambiano gli strumenti, cambiano gli scenari, ma i ragazzini sono sempre caratterizzati da quel fare impulsivo e la tendenza al turpiloquio come unica via di fuga da un conformismo soffocante. E lo stesso vale per le paure che attanagliano quell’età. Forse il film non approfondisce e non chiarisce allo spettatore la risonanza della guerra dell’animo umano. Ma l’inconscio non si spiega. Sennò che inconscio è.
La storia della combriccola dei Perdenti ci trascina inevitabilmente in un’avventura che all’occhio dei grandi appare come angosciosa e disturbante, ma all’occhio di un ragazzino è del tutto normale. Talvolta ci si dimentica degli sbalzi d’umore tipici di una certa età che danno la giusta forza di affrontare le più recondite paure come fossero pura e semplice “quotidianità”.
I ragazzi ora amano, ora odiano, ora si stupiscono, in una circolarità senza interruzioni. Un dibattersi tra le emozioni ed i vissuti, che cercano di uscire prepotentemente. Questa è una cosa che gli adulti dimenticano. Dimenticano cosa vuol dire trascorrere l’estate, quell’estate, fatta di cambiamenti e rivelazioni, caratterizzata da rapporti che sembrano destinati a durare per sempre. Ginocchia sbucciate, emozioni prorompenti, paure oscure ed una nostalgia che si imprimerà in un’istantanea che negli anni sbiadirà, ma che conserverà il suo senso.
Ecco, gli adulti spesso lo dimenticano. Questo film lo riporta a galla, costringendo a vestire i panni di ragazzini ed intraprendere un’avventura nei sotterranei di se stessi.

Il personaggio di IT non è terrificante, ma disturbante nella sua aura di clown rimasto bambino sulle rovine di un circo passato e sepolto. Un IT intrappolato, più che intrappolante.

Il suo ruolo, comunque, non lo avrei dato a Johnny Depp, ma a Jack Nicholson. Era proprio la morte sua. Non mi dite che non ci avete pensato anche voi almeno per un secondo.

Lo scopo della pellicola, quindi, non era quello di impaurire, ma di andare un po’ più a fondo: mettere in scena l’inconscio, spesso tormentato e pregno di ombre.
La paura è un’altra cosa:

 

 

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